Ci sono manager di grande esperienza che, al giorno d’oggi, potrebbero trovarsi in seria difficoltà durante un colloquio di selezione, magari per accedere a un ruolo più prestigioso.
Questo perché il mondo odierno della ricerca e della selezione del personale è molto differente rispetto al passato, e la stessa figura del cacciatore di teste è cambiata: non a caso, negli ultimi anni, si è iniziato a parlare di head hunter 4.0
In che modo è cambiato il mondo della ricerca e selezione del personale negli ultimi anni? E cosa dovrebbe aspettarsi un candidato che deve affrontare un colloquio con un head hunter di alto profilo?
Lo abbiamo chiesto a Carola Adami, CEO della società di head hunting Adami & Associati, da anni al fianco di multinazionali, Pmi, organizzazioni e studi professionali nella ricerca del profilo giusto.
«Negli ultimi decenni il lavoro dell’head hunter è cambiato in modo profondo, per tanti motivi diversi. Prima di tutto, oggi il cacciatore di teste può contare su tante e diverse tecnologie per rendere più efficace la ricerca del personale, partendo dai database di potenziali candidati per arrivare fino a LinkedIn» spiega Adami.
«È cambiato in modo piuttosto netto anche l’approccio dell’head hunter, sia verso le aziende che verso i candidati: con le prime, il cacciatore di teste si pone non più come un segugio, quanto invece come un consulente in grado, ancor prima di ricercare un candidato, di consigliare al meglio l’azienda sul tipo di profilo da selezionare; con i candidati, invece, il recruiter ha smesso di porsi in modo estremamente abbottonato, distante e rigido, così da poter comprendere meglio l’essere umano che si trova dietro al curriculum vitae».
Nemmeno i colloqui di selezione del personale, quindi, sono come quelli di una volta. Cosa è cambiato?
«Il colloquio conoscitivo con i candidati è diventato una vera e propria intervista in profondità, che il recruiter gestisce seguendo le proprie competenze in campo delle selezione del personale e della psicologia» sottolinea Adami, aggiungendo «la parte dedicata ai titoli e alle esperienze lavorative nude e crude è ormai ridotta al minimo. Questo perché, di fatto, gran parte delle hard skills che deve avere un candidato costituiscono dei requisiti necessari per accedere al colloquio: dedicare ulteriore tempo a quelle, in questa fase, sarebbe inutile».
Come si svolge, dunque, un colloquio di lavoro con un head hunter di una società di selezione di personale di alto profilo? Quali sono le domande che vengono poste al candidato?
«Non esiste affatto una formula valida per tutti i colloqui, e sta anche qui, in parte, la novità rispetto al passato. L’intervistatore pone tutte le domande necessarie per capire le attitudini e le soft skills di chi si trova di fronte. Talvolta è vero, le questioni possono sembrare del tutto strampalate, e per questo possono spiazzare i candidati: eppure ogni singola domanda ha uno scopo ben preciso, ed è tesa a capire il modo di pensare e il mindset del candidato. Nel momento in cui un cacciatore di teste domanda a un candidato quali sono i più grandi errori che ha fatto in carriera, per esempio, lo scopo non è tanto quello di conoscere questi sbagli, quanto invece quello di capire quanto quella persona è sicura di sé, e quanto è disposta ad aprirsi e a esporsi, tutti tratti che possono aiutare a inquadrarla meglio».
Qual è, dunque, la chiave per affrontare al meglio un colloquio di selezione del personale con un head hunter?
«Consiglierei di prendersi qualche tempo per capire quali sono i propri punti di forza e le proprie debolezze, per poi, una volta varcata la porta dell’ufficio in cui si terrà il colloquio, cercare di essere autentici, come si è tutti i giorni con i propri colleghi di lavoro. Noi head hunter, infatti, cerchiamo delle persone reali, non candidati che indossano una maschera».