Di seguito la sintesi dell’intervento di Ivana Veronese nel corso dell’audizione tenuta oggi presso le Commissioni bilancio, attività produttive e lavoro della Camera dei deputati sulla proposta di piano di ripresa e resilienza – Next generation Italia.
Con l’ultima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ci sono stati dei miglioramenti evidenti rispetto alle prime versioni del Piano, però non possiamo considerarla ancora pienamente soddisfacente perché mancano indicazioni e decisioni esplicite su alcuni importanti capitoli per la crescita economica, sociale ed occupazionale del Paese.
Mancano inoltre un crono programma, strumenti per attuare i progetti e obiettivi numerici attesi.
A nostro avviso anche in questa nuova versione mancano risposte esaustive ed una visione di quale Paese vogliamo costruire nei prossimi 20/30 anni.
Ci preoccupano alcuni aspetti ancora non definiti della governance e soprattutto il possibile ritorno nel prossimo futuro alle regole del patto di stabilità, che chiediamo venga definitivamente superato e accompagnato da una nuova politica economica. Riteniamo utile sollecitare sia l’Europa che il Governo a farsi portavoce del superamento definitivo delle condizionalità macroeconomiche nell’utilizzo dei fondi della Next Generation EU.
Per far ripartire il Paese serve un quadro complessivo degli investimenti pubblici, in grado di attrarre anche quelli privati, programmando e coordinando gli interventi in un sistema di complementarietà delle risorse di Next Generation con quelle per la coesione europea 2021-2027 il Fondo Sviluppo e Coesione nazionale, al fine di avere una visione d’insieme delle risorse disponibili e di come allocarle.
Sollecitiamo la necessità di individuare un modello efficace anche di monitoraggio che coinvolga i sindacati in ogni fase di valutazione dell’impatto, anche attraverso lo sviluppo di puntuali articolazioni territoriali.
Abbiamo bisogno di: più investimenti per migliorare l’istruzione e il mondo della conoscenza; più politiche attive del lavoro, senza però ogni volta cambiare il sistema di governance e ricominciare da capo. Serve più ricerca e innovazione; più e migliori infrastrutture materiali, digitali e sociali, soprattutto nel Mezzogiorno, per iniziare a ridurre divari territoriali e le disuguaglianze sociali.
Dobbiamo trovare soluzione ai tanti problemi e alle debolezze del Paese: giovani, donne e Mezzogiorno.
Sulle politiche per i giovani crediamo che si deve e si può fare di più, investendo nell’innalzamento delle competenze, in politiche attive e mettendo in campo interventi in grado di riattivare l’ascensore sociale.
Per quanto riguarda il Mezzogiorno bisogna dare avvio effettivo al Piano Sud 2030 e occorre monitorare attentamente gli interventi concreti che saranno attivati.
Mentre il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ci appare scarno di indicazioni specifiche sulla quantità e sull’uso delle risorse destinate ad incrementare la promozione dell’occupazione femminile.
La questione di genere è assai dichiarata ma poco riscontrabile nel testo: l’inclusione delle donne nel mondo del lavoro è cosa diversa dall’inclusione sociale delle donne. Per quanto concerne il Fisco, il Piano, pur contenendo la definizione di validi obiettivi è manchevole di una riforma fiscale complessiva per il Paese. La riforma fiscale, se non vuole essere velleitaria ed iniqua, deve affrontare il tema dell’evasione fiscale, che nel nostro Paese, da decenni, ha proporzioni stratosferiche.
Non troviamo nel Piano la valutazione di “impatto” che le varie misure avranno sul sistema economico, occupazionale e sociale del Paese, in quanto non si individuano i risultati attesi dalle singole azioni.
Preoccupa il fatto che le risorse siano state ripartite per 117 macro voci di spesa in quanto si potrebbe prefigurare una corsa a mettere più fondi di intervento in uno piuttosto che in un altro senza appunto una visione di insieme e con il rischio di polverizzare le risorse in mille rivoli.
Pur apprezzando gli investimenti per la digitalizzazione del Paese e della Pubblica Amministrazione, notiamo come sia assente la previsione di un grande piano di alfabetizzazione digitale della popolazione, soprattutto per quella più anziana sempre a rischio di esclusione digitale.
Manca un piano vero per la rigenerazione amministrativa: è fondamentale un grande intervento di rigenerazione amministrativa che preveda un piano straordinario di assunzioni pubbliche ed un piano di formazione e aggiornamento delle lavoratrici e dei lavoratori in servizio.
Importante che nel suddetto piano assunzionale si preveda il reclutamento di alte professionalità destinate alla gestione delle risorse europee.
Migliorato il capitolo relativo alla cultura e al turismo ma occorre fare di più in quanto è un settore che prima della pandemia valeva il 14% del PIL ed è la filiera che sta più pagando dazio.
Troviamo deboli gli interventi per una nuova politica industriale collegata al tema della ricerca ed innovazione e radicata su scelte coerenti e precise anche in connessione con una rinnovata Strategia della Specializzazione Intelligente.
Quanto alla rivoluzione verde e transizione ecologica apprezziamo gli investimenti per affrontare i temi della dispersione idrica e della gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani, ma gli investimenti andrebbero organizzati organicamente per ottenere risultati concreti sullo sviluppo dell’economia circolare, della chimica sostenibile, sull’energia rinnovabile, sull’idrogeno e sulla mobilità sostenibile, sull’efficienza energetica e riqualificazione degli edifici.
Occorre mettere in primo piano la transizione energetica in Italia, soprattutto rispetto al sostegno dei progetti avanzati dall’industria privata nazionale.
Nel testo mancano una strategia di sviluppo industriale coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione ed una strategia climatica a lungo termine al 2050.
È, inoltre, necessario impostare un piano di Giusta Transizione per la trasformazione dell’attuale modello economico e produttivo, per affrontare in modo coordinato a livello nazionale tutte le situazioni di crisi che si apriranno in conseguenza del in conseguenza della transizione dal carbone e della riconversione verde di tutti i settori economici.
Sul versante dell’Istruzione troviamo insufficienti gli investimenti sia per l’entità delle risorse stanziate sia per gli interventi previsti nel capitolo.
Segnaliamo come non sia abbastanza finanziato il capitolo che riguarda le politiche del lavoro, soprattutto per le politiche attive. Davanti a noi abbiamo scelte difficili da fare: il blocco dei licenziamenti che vorremmo fosse prorogato a tutto il 2021; una riforma degli ammortizzatori nell’ambito di un sistema che garantisca una copertura universale e di tipo assicurativo, più inclusivo per tutto il mondo del lavoro, meno burocratico, più veloce nel fornire le misure e, soprattutto, collegato alle politiche attive e alla formazione che dovrebbero diventare un vero e proprio diritto-dovere, compresa la formazione continua dei lavoratori per affrontare la giusta transizione.
Chiediamo, pertanto, di aumentare sensibilmente le risorse destinate al piano delle politiche attive del lavoro e formazione investendo in risorse, in termini di maggiori risorse umane e strumentali, nei centri per l’impiego dando continuità lavorativa ai cosiddetti navigator, staccandoli dai soli beneficiari del Reddito di Cittadinanza.
Manca un ragionamento complessivo sulle strutture residenziali socio sanitarie per anziani e disabili e allo stesso modo manca un ragionamento ampio sulla non autosufficienza: ribadiamo la necessità di una legge quadro nazionale per la non autosufficienza che definisca servizi e sostegni adeguati e uniformi su tutto il territorio nazionale.
Quanto al tema del diritto alla salute il raddoppio delle risorse destinate alla sanità, rispetto alle prime versioni, rappresenta un aspetto positivo ma non ancora sufficiente per affrontare le tante esigenze e criticità del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Ci preme sottolineare che continueremo a chiedere, per rendere davvero esigibile il diritto alla salute per tutte le cittadine e i cittadini e per realizzare un’adeguata tutela delle persone non autosufficienti, di attivare tutte le risorse europee, comprese quelle per la coesione 2021-2027 e quelle del MES.
Anche gli interventi relativi alle politiche di inclusione e di contrasto alla povertà sono poco dettagliati e fanno riferimento alle sole politiche di housing sociale e ad un generico potenziamento del Terzo settore.