La nuova messa in mora del nostro Paese da parte dell’Unione europea non arriva inaspettata, di sicuro non per noi che abbiamo segnalato queste condotte a Bruxelles. E pone ancora una volta all’attenzione del Governo italiano il problema strutturale riguardante, in particolar modo, la gestione dei reflui zootecnici in Pianura Padana (e non solo) che presenta livelli di carico ambientale incompatibili con la qualità delle acque definita a livello comunitario.
Lo spandimento di liquami nel periodo invernale deve restare vietato ed è grave che le condotte da noi denunciate, in aperta violazione delle normative europee, siano state messe in atto dalle Regioni con il formale benestare del Ministero dell’Agricoltura.
I reflui zootecnici devono diventare l’alimentazione dei digestori anaerobici per la produzione di biometano con cui alimentare i trattori agricoli di nuova generazione e i mezzi pesanti che trasportano i prodotti dell’agroalimentare dal terreno agricolo ai punti vendita. Solo così si potrà trasformare il problema dei reflui della zootecnia in una grande opportunità per decarbonizzare la filiera agricola del nostro Paese”.
Così il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, a commento della seconda procedura d’infrazione appena notificata dalla Commissione europea all’Italia per il mancato rispetto della direttiva che mira a prevenire l’inquinamento idrico da nitrati di origine agricola.
Già nel 2018 la Commissione europea aveva chiesto all’Italia di garantire la stabilità della rete di monitoraggio delle proprie acque, nonché di riesaminare e designare nuove “zone vulnerabili” ai nitrati, istituendo adeguati programmi di azione con misure obbligatorie per gli agricoltori e adottando, ove necessario, misure aggiuntive o azioni rafforzate per raggiungere gli obiettivi fissati dalla 91/676/Cee. Misure che, tuttavia, il nostro Paese ha attuato solo in parte, aggiungendo anzi altri due elementi che motivano questa seconda messa in mora: la mancata revisione di alcuni programmi d’azione regionali e la riduzione del periodo annuale di chiusura continua durante il quale è vietato l’uso dei fertilizzanti.
Su quest’ultimo punto Legambiente si era pronunciata all’inizio del 2020, denunciando proprio alla Commissione europea l’infrazione delle norme comunitarie, come ricorda Damiano Di Simine, coordinatore della presidenza del comitato scientifico nazionale di Legambiente.
“Già lo scorso inverno avevamo contestato la circolare del MIPAAF che per venire incontro agli allevatori del Nord aveva autorizzato l’impiego di liquami anche nei mesi in cui vige il divieto di spandimento, denunciando inoltre alla Commissione europea la supposta violazione di ben quattro direttive comunitarie, in materia di acque, aria, rifiuti e inquinamento da nitrati, e rilevando in Lombardia il picco di inquinamento da ammoniaca e polveri sottili proprio nei giorni in cui la Regione ha disposto la possibilità di spandimento di reflui zootecnici”.
“È evidente – prosegue Di Simine – come si sia autorizzata una pratica che equivale ad uno smaltimento su superfici agricole, al di fuori delle regole comunitarie e che non può essere spacciato per fertilizzazione, dal momento che in inverno non ci sono coltivazioni in grado di utilizzare i nutrienti delle deiezioni. Le aziende che affogano nei liquami e che non dispongono né di superfici agricole sufficienti per gestirne lo spandimento, né di volumi adeguati ad assicurarne lo stoccaggio nella stagione del riposo vegetativo, devono attrezzarsi diversamente con le soluzioni tecnologiche oggi disponibili sul mercato. L’Europa ha preso sul serio le nostre denunce, ampiamente documentate anche dai nostri attivisti sui territori, che hanno rilevato estesi e persistenti impaludamenti su terreni saturi di liquami, formazione di schiuma, ristagni e colature in corsi d’acqua dalle colorazioni anomale. Ci aspettiamo che ora anche il Governo e le regioni intervengano per risanare le vaste aree in cui i reflui e le immissioni zootecniche sono ormai la più preoccupante fonte di inquinamento per acque, aria e suolo”.