In Italia ci sono vertenze ambientali croniche, tuttora irrisolte, su cui è urgente intervenire e che non devono essere dimenticate dal PNRR.
A parlar chiaro sono le note ferite “ancora sanguinanti” della Penisola – in primis le bonifiche mancate nella Terra dei Fuochi in Campania, nella Valle del Sacco nel Lazio, delle falde acquifere inquinate da Pfas in Veneto e Piemonte, dei Siti di interesse nazionale e dell’amianto dagli edifici, ma lo stesso vale per le ampie porzioni di territorio ammorbate dallo smog, a partire dalla Pianura Padana, solo per citarne alcuni – e i numeri che ruotano intorno ad esse come ad esempio i 6milioni di cittadini che vivono nei territori da bonificare, le 300 mila persone nelle province di Vicenza, Padova e Verona, in Veneto, con acque contaminate negli anni dai Pfas, le 6000 morti premature all’anno per amianto o le oltre 50mila morti premature nella Penisola dovute ogni anno all’esposizione eccessiva ad inquinanti atmosferici come le polveri sottili (in particolare il Pm2,5), gli ossidi di azoto (in particolare l’NO2) e l’ozono troposferico (O3).
È quanto torna a denunciare Legambiente che, nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale della Terra e alla vigilia del Consiglio dei ministri che approverà il PNRR, lancia la sua nuova campagna itinerante – #liberidaiveleni – per il risanamento ambientale e il diritto alla salute nei territori dell’Italia inquinata. La campagna si snoderà lungo la Penisola per riportare in primo piano, attraverso una serie di mobilitazioni territoriali, le diverse ferite ambientali irrisolte su cui il popolo inquinato aspetta da anni risposte efficaci, interventi concreti ed ecogiustizia.
E in questa giornata particolare Legambiente lancia anche un appello al Presidente del Consiglio Mario Draghi e al suo Governo affinché nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR9, ormai al rush finale, si dia il giusto spazio a queste vertenze ambientali perché la transizione ecologica per essere tale deve partire prima di tutto da quei territori feriti e inquinati da decenni. Per questo è fondamentale garantire risorse più adeguate per il risanamento ambientale e avviare al più presto dei veri e propri “Patti territoriali per la Transizione ecologica”, mettendo al centro i territori inquinati se davvero si vuole arrivare ad un’Italia al 2030 più moderna, sostenibile, inclusiva e soprattutto libera dai veleni.
L’associazione ambientalista ricorda che nel dibattito su come spendere gli oltre 200 miliardi di euro del programma Next Generation EU è stato dato poco spazio a diverse vertenze ambientali croniche, tuttora irrisolte, spesso nate da denunce di Legambiente come la Terra dei fuochi in Campania oppure le falde acquifere inquinate da Pfas in Veneto e Piemonte che non sono state neanche sfiorate dalla discussione (lo stesso si può dire della vertenza petrolio in Sicilia – a Gela, nel siracusano e nel ragusano – e in Val d’Agri In Basilicata). Altre, come il deficit di depurazione (che riguarda 30 milioni di abitanti, tra quelli che non sono serviti dal servizio e quelli che usufruiscono di impianti inadeguati), sono inserite nel PNRR ma non con le risorse necessarie. Altre ancora, come la mal’aria che si respira in Pianura Padana o nei capoluoghi del centro sud, sono affrontate indirettamente con misure previste nel PNRR ma non adeguatamente integrate tra di loro per garantire una veloce risoluzione del problema. Da qui nasce l’idea della nuova campagna #liberidaiveleni con cui Legambiente vuole dare voce e sostegno ai territori che sembrano dimenticati.
“C’è un popolo inquinato che non avuto finora cittadinanza nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – e questo non è ammissibile: è ora di dire basta a questi ritardi e di avviare i primi ‘Patti territoriali per la transizione ecologica’ partendo da quelle ferite ancora aperte nel Paese che tutt’ora continuano a causare danni all’ambiente, alla salute dei cittadini e all’economia sana della Penisola. Con la campagna #liberidaiveleni vogliono ricordare al Governo l’importanza di dare risorse adeguate, che ora non ci sono, per le opere di risanamento ambientale. Il PNRR rappresenta un’occasione importante e preziosa per rendere l’Italia davvero un Paese più sostenibile ma anche libero dall’inquinamento. È ora il tempo del coraggio e delle azioni concrete affinché la transizione ecologica di cui si parla non sia un’utopia per alcuni territori che sembrano aver perso la speranza del cambiamento”.
C’è un conto sanitario pesante da pagare e lo stesso vale per quello economico a causa delle sacrosante sanzioni europee ad esempio per le procedure d’infrazione sull’inquinamento atmosferico: la prima sfociata in condanna nel 2020 (2014/2147) per aver sistematicamente sforato i limiti per le polveri sottili; la seconda (2015/2043) con il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia europea per i valori elevati di NO2; la terza del 2020 (2020/2299) relativa ai superamenti di Pm2,5. Poi ci sono le condanne sull’emergenza rifiuti in Campania e sulle discariche abusive e non bonificate in diverse Regioni italiane.
Sul fronte della depurazione, sono quattro ad oggi, le procedure di infrazione a carico dell’Italia, due delle quali già sfociate in condanna, relative alla non conformità del servizio depurativo alla direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue. Secondo gli ultimi dati del maggio 2020, gli agglomerati ancora non conformi agli obblighi della direttiva sono 939, generando un carico di quasi 30 milioni di abitanti equivalenti. Sino ad ora le multe, relative solo alla prima condanna (C-85/13) che riguarda ancora 69 agglomerati, sono costate al nostro paese oltre 77 milioni di euro e continueremo a pagare fino a che l’emergenza non verrà superata.
C’è poi la grande questione dimenticata dell’amianto. In Italia questa fibra killer continua ad essere ancora molto diffusa e a minacciare la salute dei cittadini e l’ambiente, nonostante con la Legge 257/92 sia stata messa al bando. A gravare sulle spalle del Paese, ancora sotto scacco dell’amianto, anche i ritardi legati agli obblighi di legge, alle attività di censimento e mappatura, e alle bonifiche dei siti contaminati, che procedono a rilento, insieme alle campagne di informazione e sensibilizzazione. Legambiente ricorda che grazie ai nuovi incentivi per la sostituzione delle coperture in cemento-amianto con pannelli fotovoltaici sono ripartite le bonifiche dei tetti, ma ancora nulla si muove sulla bonifica dei manufatti (serbatoi, canne fumarie, pannelli isolanti, etc.) ancora presenti degli edifici costruiti fino agli anni ’80. Per Legambiente sarebbe utile un’estensione del Superbonus del 110% anche agli interventi di bonifica degli edifici da questi pericolosi manufatti.