Davanti ad una curva del contagio che s’impenna ogni giorno di più e ospedali che si riempiono inesorabilmente, come in un déjà-vu nel giro di pochi giorni il Governo introduce ulteriori misure restrittive nel tentativo di frenare l’epidemia.

«La necessità di emanare due DPCM in una settimana – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – conferma che il contenimento della seconda ondata viene affidato alla valutazione dei numeri del giorno con la progressiva introduzione di misure troppo deboli per piegare una curva dei contagi in vertiginosa ascesa».

La prima componente della “non strategia” è farsi guidare dai numeri del giorno per definire l’entità delle misure di contenimento, senza considerare le dinamiche attuali dell’epidemia, molto diverse da quelle della prima ondata. Questo favorisce inesorabilmente l’ascesa dei contagi e vanifica gli effetti delle misure per varie ragioni:

  • I numeri riportati quotidianamente dal bollettino della Protezione Civile non rispecchiano affatto i casi del giorno perché dal contagio alla notifica intercorre un ritardo medio di 15 giorni, in quanto:
    • Il tempo medio tra contagio e comparsa dei sintomi è di 5 giorni (range 2-14 giorni).
    • Secondo l’Istituto Superiore di Sanità il tempo mediano tra inizio dei sintomi e prelievo/diagnosi è di 3 giorni (settimana 7-13 ottobre), ma potrebbe allungarsi considerando i tempi di analisi di laboratorio e di refertazione. Peraltro, per i casi asintomatici non è noto perché la tempestività nella richiesta del tampone dipende dall’efficacia dell’attività di testing & tracing.
    • La comunicazione dei nuovi casi dalle Regioni alla Protezione Civile non avviene in tempo reale: ad esempio, nella settimana 5-11 ottobre meno di un terzo dei casi è stato notificato entro 2 giorni dalla diagnosi, il 54% tra 3 e 5 giorni e il 14% dopo oltre 6 giorni; peraltro tale ritardo aumenta progressivamente per il crescente numero di casi.
  • La curva dei contagi ha ormai assunto un trend esponenziale: nella settimana 13-19 ottobre il numero dei casi attualmente positivi è salito da 82.764 a 134.003 (+53,7%) e il rapporto positivi/casi testati in una settimana è cresciuto dal 6,4% al 10,4%. Trend che si riflettono sia sul numero dei pazienti ricoverati con sintomi, aumentati negli ultimi 7 giorni da 4.821 a 7.676 (+59,2%) e di quelli in terapia intensiva da 452 a 797 (+76,3%) con segnali di sovraccarico in diverse Regioni, sia sul progressivo aumento della letalità.
  • L’affanno del sistema di testing & tracing aumenta la probabilità di sottostimare i casi, perché l’espansione del bacino di asintomatici non isolati accelera ulteriormente la diffusione del contagio.
  • Gli effetti delle misure restrittive, non valutabili prima di 2-3 settimane, saranno verosimilmente neutralizzati dal trend di crescita della curva epidemica.

 

La seconda componente è il mancato allineamento tra le misure dei due DPCM e quanto previsto dalla circolare del 12 ottobre del Ministero della Salute. Nel documento “Prevenzione e risposta a COVID-19” vengono delineati quattro scenari di evoluzione dell’epidemia in relazione a diversi livelli di rischio accompagnati da relative misure da attuare nei vari settori. «Considerato che diverse Regioni – spiega il Presidente – sono ormai nella fase di rischio alto/molto alto, è inspiegabile che le misure raccomandate non siano state introdotte dal nuovo DPCM, che ha seguito le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, né attuate dalle Regioni, che hanno partecipato alla stesura del documento».

La terza componente della “non strategia” è il mancato approccio di sistema basato su responsabilità e alleanza tra politica e cittadini, oltre che sull’efficienza dei servizi sanitari. «Numeri a parte – precisa Cartabellotta – il contenimento della seconda ondata doveva inevitabilmente poggiare, già alla fine del lockdown, su tre pilastri integrati: massima aderenza della popolazione ai comportamenti raccomandati, potenziamento dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri e collaborazione in piena sintonia tra Governo, Regioni ed Enti locali».

«Non essere riusciti a prevenire la risalita della curva epidemica quando avevamo un grande vantaggio sul virus – conclude Cartabellotta – oggi impone la necessità di misure di contenimento in grado di anticipare il virus. Tali misure devono essere pianificate su modelli predittivi ad almeno 2-3 settimane, perché la “non strategia” di inseguire i numeri del giorno con uno stillicidio di DPCM che, settimana dopo settimana, impongono la continua necessità di riorganizzarsi su vari fronti, spingerà inevitabilmente il Paese proprio verso quel nuovo lockdown che nessuno vuole e che non possiamo permetterci».