Grazie allo strumento del tirocinio formativo, oltre il 60% dei progetti attivati dai delegatidella Fondazione Lavoro a sei mesi dalla conclusione si trasforma in reale opportunità di lavoro per i giovani.
È quanto emerge da un’indagine dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro
A sei mesi dalla conclusione del tirocinio oltre il 60% dei soggetti formati on the job, attraverso un tirocinio promosso dai delegati della Fondazione Consulenti per il Lavoro, l’Agenzia per il Lavoro del Consiglio Nazionale dell’Ordine, lavorano.
Tradotto in valore assoluto significa che negli ultimi 5 anni la rete della Fondazione ha creato quasi 60.000 posti di lavoro solamente utilizzando lo strumento del tirocinio.
Risultati importanti raggiunti grazie alla promozione da parte della Fondazione Lavoro di tirocini di qualità e grazie alla professionalità, all’esperienza ed alla conoscenza del mercato del lavoro dei Consulenti del Lavoro delegati.
Se si osserva poi l’incidenza dei tirocini di Fondazione Lavoro sul totale nazionale, si nota che i Consulenti del Lavoro nel 2013 gestivano il 4,9% dei tirocini, mentre nel 2018 il loro contributo è arrivato all’ 8,2% del totale.
Questi i principali dati che emergono dall’indagine, condotta dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal titolo “I tirocini di Fondazione Lavoro e l’inserimento occupazionale”.
“I dati confermano – ha dichiarato Vincenzo Silvestri, Presidente della Fondazione Consulenti per il Lavoro – che i tirocini promossi dalla Fondazione Lavoro si avvalgono della conoscenza delle reali esigenze aziendali, propria dei Consulenti del Lavoro, che permette l’inserimento di percorsi professionali mirati”.
Negli ultimi 5 anni (2014-2018) sono 99.141 i tirocini conclusi promossi dalla FondazioneLavoro.
Di questi oltre il 60% (59.706 tirocini) sono sfociati entro 6 mesi in un contratto di lavoro, nel 38,7% dei casi con lo stesso datore di lavoro che ha ospitato il tirocinante e nel 21,5% con uno diverso.
Dando poi uno sguardo alla tipologia di contrattualizzazione: nel 55,5% dei casi i tirocini si sono trasformati in un rapporto di lavoro a carattere permanente (il 20,3% a tempo indeterminato e il 35,2% in apprendistato).
Nel 38,9%, invece, il tirocinio ha avuto come primo esito occupazionale un contratto a termine.
La dinamica della domanda di lavoro varia molto fra Nord e Sud del Paese.
Inferiori alla media nazionale sono i tassi di inserimento occupazionale post tirocinio nelle regioni del Mezzogiorno.
Nonostante ciò i risultati raggiunti dalla Fondazione Lavoro sono incoraggianti. Il Molise con il 47,5% fa registrare un tasso di inserimento inferiore di circa 13 punti percentuali rispetto alla media nazionale (60,2%) e di oltre 19 punti percentuali rispetto alla regione più virtuosa (la Toscana con il 66,9%).
Difficoltà di inserimento occupazionale si registra anche nelle due isole maggiori, in Calabria e in Campania. Le regioni che, oltre alla Toscana, hanno percentuali di inserimento superiori al 65% sono il Veneto (66,2%), le Marche (65,8%) e l’Emilia Romagna (65,4%).
Osservando i tassi di inserimento occupazionali per provincia del tirocinio, spicca per efficacia occupazionale la provincia di Biella con un tasso di inserimento pari al 73,9%, seguita da Prato (72,4%), Savona (71,9%), Pesaro e Urbino (71,6%) e Siena (71,4%).
Nelle regioni del Mezzogiorno, la minore domanda di lavoro alle dipendenze comporta tassi di inserimento minimi nella provincia di Isernia (25,7%), seguita da Vibo Valentia (41,1%) e Rieti (42,7%); al di sotto di 10 punti percentuali rispetto alla media nazionale troviamo anche le province di Enna (47,8%), Crotone (48,3%), Messina (49,5%), Campobasso (49,9%) e Catanzaro (49,9%).
Il settore in cui si è svolto il tirocinio incide sulle opportunità occupazionali successive: in
particolare hanno maggior successo i tirocini realizzati nel settore industriale (64%) e nel settore dell’istruzione e della sanità privata (62,2%), mentre quelli nel settore turistico (56,7%) e nei servizi sociali e personali (54,9%) hanno livelli di inserimento occupazionale inferiori alla media di oltre 4 punti percentuali.