L’istituzione del Ministero della transizione ecologica da parte del Governo Draghi risponde all’esigenza di una governance coordinata della transizione del sistema economico nazionale verso la sostenibilità; ma il nuovo ministero dovrà rappresentare un vero cambio di paradigma nell’approcciare alle politiche ambientali con uno sguardo più attento al legame tra ambiente e sviluppo economico.
Tale approccio, certamente più dinamico, garantirebbe al sistema produttivo italiano maggiori opportunità di cogliere la sfida del green e di guadagnare margini di competitività che in questo frangente storico sono quanto mai preziosi per la ripresa dell’economia nella fase post-covid.
In tale ottica, è opportuno che anche le strutture tecniche previste dal decreto di istituzione del MITE, come il Comitato interministeriale per la transazione ecologica, siano improntate alla stessa visione di sviluppo (in tal senso, il suo inquadramento all’interno del Codice Ambientale sembra assecondare una visione più conservatrice) e orientate all’interlocuzione fluida con le parti sociali e le categorie produttive che saranno impattate dalla transizione.
Sarebbe pertanto opportuno che il nuovo Comitato (CITE) preveda la possibilità di partecipazione delle associazioni di categoria, analogamente a quanto succede ad esempio nell’ambito delle politiche europee (si pensi al CIAE), soprattutto in considerazione del fatto che al Comitato verranno assegnate partite importanti, quali la definizione delle politiche in materia di mobilità sostenibile e di economia circolare, o la complessa questione della ridefinizione dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD). Su quest’ultimo tema da tempo la CNA evidenzia la necessità che la rimozione dei SAD debba avvenire con adeguata gradualità e con partite compensative secondo un principio riallocativo, destinando le risorse liberate alla riconversione green dei settori produttivi direttamente impattati.