«La recente acquisizione di Versace da parte di Prada, per una cifra intorno agli 1,25 miliardi di euro, è molto più di un’operazione di mercato. È un segnale importante, forse il più rilevante degli ultimi anni, per un sistema industriale – quello della moda italiana – che da tempo rincorre la propria identità in un mondo dominato da colossi stranieri. Due terzi dei marchi storici del nostro Paese sono oggi controllati da gruppi esteri, spesso francesi. Il ritorno di Versace sotto bandiera italiana, grazie all’intervento del gruppo Prada, non è dunque solo un affare finanziario: è un atto politico, nel senso più alto e nobile del termine. Un gesto che rivendica una sovranità culturale oltre che industriale. Ma non basta. Sarebbe miope considerare questo episodio come la soluzione al lento smottamento del nostro tessuto produttivo.
La moda italiana non si regge solo sui grandi nomi, sugli atelier di via Montenapoleone o sugli show internazionali. La sua vera forza, la sua autenticità più profonda, risiede nei laboratori artigiani, nelle microimprese a conduzione familiare, nei distretti manifatturieri che punteggiano il Paese da Nord a Sud. Realtà spesso invisibili, ma fondamentali. Sono loro a dare sostanza e anima a ciò che chiamiamo Made in Italy». Lo dichiara il presidente di Unimpresa Moda, Margherita de Cles, alla vigilia del convegno “Made in Italy ed Eccellenze Fragili”, evento dedicato al rilancio delle microimprese artigianali della moda, che si svolgerà domani, martedì 15 aprile alle ore 17.00, al Palazzo dal Lago a Cles (via Trento 1), in provincia di Trento, alla presenza di istituzioni, scuole, imprenditori e rappresentanti del settore. Il convegno gode del patrocinio del Ministero delle Imprese, della Casa del Made in Italy di Trento e Bolzano, dell’Università degli Studi di Trento, dell’Unesco e del Comune di Cles. Coordinato da Marta Villa, docente di antropologia culturale all’Università di Trento, l’incontro vedrà la presentazione in anteprima del docuvideo realizzato dal documentarista Marco Rauzi e dalla fotografa Francesca Dusini. Un progetto promosso da Unimpresa Moda per raccontare, attraverso testimonianze autentiche, la vita e le sfide quotidiane degli artigiani del Trentino-Alto Adige: un racconto corale che intreccia tradizione e innovazione, radici locali e apertura globale. Obiettivo del convegno è duplice: accendere i riflettori su un patrimonio di competenze e creatività unico al mondo e sollecitare un intervento urgente delle istituzioni per salvaguardare un comparto in sofferenza, ma fondamentale per l’identità economica e culturale del Paese.
«Le microimprese della moda vivono oggi in condizioni di estrema vulnerabilità. Schiacciate da una pressione fiscale sproporzionata, penalizzate dall’aumento generalizzato dei costi di produzione e travolte da una concorrenza globale che premia il basso costo a scapito della qualità, rischiano di scomparire. Con esse, rischia di svanire un patrimonio di competenze, storie e cultura del lavoro che nessun algoritmo potrà mai replicare. Se davvero vogliamo difendere il Made in Italy, serve un cambio di paradigma. Occorre intervenire con politiche fiscali più eque, incentivare la formazione dei giovani, sostenere concretamente la transizione digitale e, soprattutto, favorire il passaggio generazionale all’interno delle botteghe. Non basta tutelare il nome: bisogna salvare le mani che cuciono, plasmano, intrecciano. Quelle mani che, in silenzio, hanno costruito la credibilità internazionale del nostro Paese. Il successo di operazioni come quella tra Prada e Versace è certamente da applaudire. Ma la celebrazione rischia di essere vana se non si accompagna a un impegno reale per salvaguardare le fondamenta del sistema moda. Quelle fondamenta sono fragili, eppure essenziali. Non possiamo permetterci che l’artigianato d’eccellenza si estingua nell’indifferenza generale. Il Made in Italy non è un brand di lusso: è una storia collettiva, fatta di persone, sacrifici e dedizione. Se non sapremo proteggerla, ne resterà solo un’etichetta. E perderemo, con essa, una parte profonda di ciò che siamo» osserva il presidente di Unimpresa Moda.