“La batosta trumpiana sul vino Made in Italy svela le crepe di un comparto da 2 miliardi di euro di fatturato sulla piazza americana, la prima per le etichette tricolore, ma anche lungamente in balia di una politica restrittiva e discriminatoria, a livello nazionale e Ue, che il settore non può più sostenere. Mentre auspichiamo, quindi, un negoziato importante rispetto ai dazi Usa al 20% su tutti i prodotti europei, food & beverage compresi, invitiamo l’Europa e l’Italia a fare meglio, adesso, quanto meno su etichettatura allarmistica e Codice della strada”. Così il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, oggi all’inaugurazione di Vinitaly, a Veronafiere fino al 9 aprile.
“Questa guerra commerciale va chiaramente fermata -ha detto Fini-, all’orizzonte lascerebbe solo perdenti, quando è importante, invece, catalizzare il momento per affrontare il fenomeno dell’Italian sounding, che vale già più di 100 miliardi, e dotarci di una più adeguata regolamentazione Ue a contrasto delle pratiche commerciali sleali”.
La scossa questa volta è forte. Il settore vitivinicolo nazionale è senza dubbio tra i più dinamici del panorama agroalimentare italiano, sulle cui esportazioni oltreoceano incide per il 26% e con un incremento annuo del 7%. Da tutelare, i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, con una quota di export in Usa del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 mln), i rossi piemontesi Dop (31%, 121 mln) e il Prosecco Dop (27%, 491 mln).
“In Europa, adesso, il dibattito va portato al suo punto finale -ha aggiunto-. Il Pacchetto vino dovrà compiere uno sforzo maggiore. I produttori del settore vanno liberati dai troppi oneri burocratici e incoraggiati con più risorse e misure per la promozione, la crescita e la diversificazione. Diversamente, sarà proprio impossibile guardare ai nuovi mercati. Infine, speriamo sia davvero l’occasione per salutare il Nutriscore, basta con le etichette allarmistiche e le imposte sul consumo di vino, perché la narrativa deve cambiare puntando piuttosto sul valore di scelte più consapevoli, su più spazio a tracciabilità e qualità in etichetta, chiara e non fuorviante”.
Da parte del presidente di Cia il richiamo è anche alla fragilità interna del mercato vitivinicolo che copre l’1,1% del Pil nazionale, ma che risente del calo dei consumi (del 21% negli ultimi 30 anni, del 5%, si stima, con l’introduzione del nuovo Codice della strada) e di una riduzione totale del 15% degli ettari investiti da inizio millennio.
“I margini di sviluppo ci sono -ha sottolineato- Abbiamo dalla nostra quasi 30 milioni di persone che bevono vino in Italia, ed è un dato stabile. Cresce la produzione delle IG, c’è interesse per i dealcolati. La viticoltura italiana ha radici solide, forti di tradizioni e cultura, che i nuovi trend devono poter valorizzare. Serve però più coraggio, ora per essere ancora più attrattivi, efficienti e competitivi. Siamo pronti a chiudere il cerchio, a sostegno degli oltre 200 mila viticoltori italiani, per trasformare questa crisi in opportunità. Con le istituzioni Ue e il Governo, però -ha concluso Fini- diamoci come condizione di base indispensabile, un’impalcatura forte di provvedimenti e risorse che sostengano e accompagnino, davvero, reddito e investimenti”.