La riduzione dei prestiti alle imprese registrata a gennaio riflette un quadro economico complesso influenzato da diversi fattori concomitanti. Tra questi, uno dei principali elementi critici è rappresentato dall’alto livello dei tassi d’interesse, che in media si attestano al 4,89%. Un costo del credito così elevato costituisce un ostacolo significativo per molte aziende, soprattutto piccole e medie, nel pianificare e realizzare investimenti strategici e operazioni di sviluppo. L’incremento del costo del denaro, determinato in larga misura dalle scelte restrittive di politica monetaria adottate dalla Banca centrale europea per contrastare l’inflazione, ha reso più oneroso l’accesso al credito bancario. Le imprese, pertanto, risultano maggiormente prudenti e selettive nell’assumere nuovi impegni finanziari, preferendo spesso rimandare progetti d’investimento o ridimensionarli significativamente.
È quanto evidenzia il Centro studi di Unimpresa. «La crisi economica in Germania e la conseguente prudenza delle banche stanno influenzando negativamente il credito alle imprese italiane. Nel 2024 si è registrata una contrazione dei prestiti alle aziende italiane di circa 19 miliardi di euro, nonostante la Bce abbia ridotto i tassi di interesse. Oltre il 50% degli immobili utilizzati come garanzia per i prestiti bancari ha subito una svalutazione tra il 2019 e il 2023. Questo deprezzamento potrebbe compromettere la capacità delle imprese di accedere a nuovi finanziamenti, poiché un rapporto più elevato tra prestiti e valore delle garanzie riduce la possibilità di ottenere ulteriori crediti.
La situazione richiede un’attenta valutazione delle politiche economiche e monetarie per sostenere adeguatamente il settore imprenditoriale italiano. Ma richiede altresì un atteggiamento diverso da parte delle banche. In prospettiva, per invertire questa tendenza negativa e sostenere la ripresa economica, sarà essenziale un allentamento graduale dei tassi d’interesse da parte della Bce e l’introduzione di politiche che facilitino concretamente l’accesso al credito da parte delle imprese, in modo particolare quelle di dimensione ridotta, vero motore produttivo del Paese» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. Secondo il Centro studi di Unimpresa, il tasso medio applicato dalle banche alle imprese risulta pari al 4,89%, un livello che rappresenta un ostacolo significativo soprattutto per le piccole e medie imprese che operano con margini già ristretti. In questo contesto, le società non finanziarie hanno visto contrarsi ulteriormente il credito (-1,9%), dato che testimonia la crescente difficoltà a sostenere l’indebitamento in una fase di costi elevati e incertezza sulle prospettive economiche.
Diversa è invece la situazione delle famiglie, che mostrano una dinamica positiva con una crescita dello 0,4% dei prestiti, sostenuta principalmente dall’incremento della domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni e dal credito al consumo, settori che continuano a mostrare segnali di resilienza. Tale andamento differenziato riflette dunque una situazione a due velocità nel mercato del credito, con le famiglie che riescono, almeno per ora, a sostenere costi più elevati rispetto alle imprese. A completare il quadro, l’aumento dei depositi del settore privato (+2,2%) e il forte incremento della raccolta obbligazionaria (+5,9%) evidenziano comunque una certa liquidità disponibile nel sistema, seppur indirizzata verso strumenti finanziari meno rischiosi o investimenti più sicuri rispetto ai prestiti diretti al settore produttivo.