Lo stop all’accordo interrompe le spedizioni anche verso l’Italia sono arrivati dall’Ucraina quasi 2,1 miliardi di chili di mais per l’alimentazione animale, grano tenero e olio di girasole nel corso dell’anno di attuazione dell’intesa. E’ quanto emerge dall’analisi Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga in riferimento all’impatto dello stop al patto Onu tra Ucraina, Turchia e Russia, sul transito delle merci nei tre porti sul mar Nero di Chornomorsk, Yuzhny e Odessa. In particolare- sottolinea la Coldiretti -si tratta di 1,4 miliardi di chili di mais, 434 milioni di chili di grano, 100 milioni di chili di olio di girasole e altri cereali
Il blocco delle spedizioni di cereali sul Mar Nero è preoccupante dunque soprattutto – continua la Coldiretti – per le forniture di mais alle stalle italiane in una situazione in cui l’Ucraina contende all’Ungheria il ruolo di principale fornitore dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali nelle stalle dove i costi di produzione sono saliti alle stelle. L’Ucraina – continua la Coldiretti – garantisce invece quote più ridotte dell’import nazionale di grano che però durante l’accordo sono aumentate di oltre 5 volte rispetto all’anno precedente.
Lo stop al passaggio delle navi cariche di cereali sul Mar Nero alimenta il rischio carestia in ben quei 53 Paesi dove. secondo l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. Un rischio anche per la stabilità politica proprio mentre – sostiene la Coldiretti – si moltiplicano le tensioni sociali ed i flussi migratori, anche verso l’Italia.
L’annuncio della Russia spinge infatti i prezzi con l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori.
“L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorre continuare a lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali ma – conclude Prandini – serve anche investire per aumentare produzione e le rese dei terreni anche sostenendo la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.