La produzione agricola e quella alimentare in Italia assorbono oltre il 11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all’anno. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Enea sugli effetti dei rincari della bolletta energetica sugli approvvigionamenti alimentari degli italiani.

 

I rincari dell’energia – sottolinea la Coldiretti – hanno dunque un impatto devastante sulla filiera, dal campo alla tavola, in un momento in cui con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di, accaparramenti, speculazioni e aumenti dei prezzi di beni essenziali che deve spingere il Paese a difendere la propria sovranità alimentare.

 

Nel sistema agricolo i consumi diretti di ener­gia includono i combustibili per trattori, serre e i trasporti mentre i consumi indiret­ti ci sono quelli che derivano da fitosani­tari, fertilizzanti e impiego di materiali come la plastica (4,7 Mtep). Il comparto alimentare richiede invece – continua la Coldiretti – in­genti quantità di energia, soprattutto calore ed energia elettrica, per i processi di produzione, trasformazione, conservazione dei prodotti di origi­ne animale e vegetale, funzionamen­to delle macchine e climatizzazione degli ambienti produttivi e di lavoro (8,6 Mtep)

 

Si tratta di una bolletta energetica pesante nonostante nel tempo si sia verificato un contenimento dei consumi energetici grazie alle nuove tecniche e all’impegno degli agricoltori per la maggiore sostenibilità delle produzioni anche con l’adozione di tecnologie 4.0 per ottimizzare l’impiego dei fattori della produzione. Senza dimenticare che a migliorare il bilancio energetico della filiera ci sono gli investimenti nell’economia circolare con la produzione di bioenergie, dal fotovoltaico sui tetti di stalle e capannoni rurali fino alla valorizzazione dei reflui degli allevamenti con il biometano che va sostenuto adeguatamente.

 

L’impennata dei costi energetici mette dunque a rischio la competitività del sistema con un effetto a valanga sull’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione. Per le operazioni colturali gli agricoltori – spiega la Coldiretti – sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le lavorazioni dei terreni, senza dimenticare che l’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata (+143%). L’aumento dei costi – continua la Coldiretti – riguarda anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per ortaggi e fiori che molti sono stati costretti a spegnere mettendo a rischio il futuro di alcune delle produzioni più tipiche del florovivaismo nazionale come tra gli altri il ciclamino, il lilium o il ranuncolo. Il rincaro dell’energia – continua la Coldiretti – si abbatte poi sui costi di produzione come quello per gli imballaggi, dalla plastica (+72%) per i vasetti dei fiori alla banda stagnata per i barattoli (+60%), dal vetro (+40%) per i vasetti fino alla carta (+31%) per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi.

 

“In tale ottica è importante l’intervento del Governo per alleggerire la bolletta energetica e non fermare un sistema strategico per garantire l’approvvigionamento alimentare” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare peraltro “la necessità di cogliere le opportunità che vengono dall’economia circolare dotando il Paese di una riserva energetica sostenibile con la filiera del biometano agricolo da fonti rinnovabili con l’obiettivo di arrivare a rappresentare il 10% del fabbisogno della rete del gas nazionale”.