Promuovere e attivare i dottorati di ricerca industriale per favorire il match tra la domanda di innovazione delle imprese e l’offerta di conoscenza del mondo accademico e della ricerca.

Questo il tema al centro del convegno che si è svolto oggi in modalità on line “Il dottorato industriale: un’opportunità per la ricerca e le imprese”.

Organizzato da Confindustria e CNR, ha registrato la partecipazione, tra gli altri, del Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, dei vice presidenti di Confindustria per la Ricerca e lo Sviluppo, Francesco De Santis, e per il Capitale Umano Giovanni Brugnoli, del presidente del CNR, Massimo Inguscio, di Diana Bracco, Presidente delle Fondazione Mai di Confindustria oltre a quella di imprenditori, professori universitari, ricercatori e dottorandi.

Dal 2018 ad oggi Confindustria ha raccolto oltre 425 domande di aziende (associate e non), interessate ad attivare dottorati di ricerca triennali. Sono già state cofinanziate dal CNR – e da altrettante imprese – 77 borse di dottorato industriale in tutte le regioni (e almeno altre 35 saranno attivate in questo terzo ciclo), per altrettanti giovani ricercatori selezionati dalle Università mendiate concorso pubblico.

Tutti gli ambiti disciplinari sono interessati, con una prevedibile prevalenza delle aree tematiche legate all’ingegneria, all’ICT e alla fisica.
Analizzando i dati sulle tre annualità del progetto CNR-Confindustria, in collaborazione con la Fondazione Mai di Confindustria, emerge un’evoluzione positiva nel numero delle borse effettivamente finanziate.

Questo incremento è dovuto sia al perfezionamento della procedura di candidatura e di selezione di progetti da finanziare, sia a un sempre migliore coinvolgimento delle imprese nel processo di costruzione dei progetti formativi dei dottorati industriali.

Da sottolineare l’interesse crescente da parte delle università coinvolte, disponibili ad accogliere i requisiti che questi finanziamenti richiedono agli atenei.
Per quanto riguarda la dimensione delle imprese, che insieme al CNR hanno finanziato i dottorati industriali, continuano a prevalere le grandi realtà anche se, come auspicato e incentivato, le aziende micro, piccole e medie sono state ampiamente coinvolte nel processo.

Da segnalare anche l’attivazione di dottorati industriali di filiera, da parte dei cluster tecnologici nazionali e delle stesse associazioni di Confindustria. I dottorati sono distribuiti su tutto il territorio nazionale e 23 finanzieranno progetti di dottorato inter-regionali (cioè dove la sede dell’azienda è in una regione diversa da quella in cui è presente l’Istituto del CNR).

“Il dottorato industriale rappresenta una delle linee d’intervento previste nel Recovery Fund, sia per innalzare il livello di competenze dei nostri giovani sia per rispondere alla sfida di spostare il sistema della produzione italiana in una dimensione tecnologica superiore. Basti pensare a campi come l’intelligenza artificiale, la robotica, la biomedicina, l’energia, ma anche al mondo dei servizi e delle scienze umani e sociali. Serve un partenariato pubblico-privato che si basi su obiettivi realmente condivisi, rendendo l’attività di ricerca più facilmente trasferibile alle imprese e, allo stesso tempo, ampliando le opportunità lavorative di chi ha completato il proprio percorso formativo. In questo modo verrà anche azzerata quella diaspora di giovani ricercatori che ha sempre rappresentato una grande criticità per il nostro Paese”. Così il Ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi.

Secondo Francesco De Santis, vice presidente di Confindustria per la Ricerca e lo Sviluppo “Il dottorato industriale si inserisce nell’azione più ampia avviata da Confindustria per rafforzare la collaborazione tra sistema della ricerca pubblica e impresa. Solo alimentando la competitività industriale attraverso la R&S sarà possibile rendere l’Italia protagonista delle sfide tecnologiche, economiche e sociali e dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini.

Per questo riteniamo che R&S&I debbano essere al centro della strategia di medio -lungo periodo finalizzata allo sviluppo del Paese, di cui il Programma Nazionale della Ricerca 2021-2027 rappresenta il perno e che vedrà nel Next Generation Italia la possibilità di un’accelerazione. Un progetto che deve puntare a rafforzare l’ecosistema della Ricerca e Innovazione, a potenziare e rendere strutturali gli strumenti fiscali a supporto della R&I (il credito d’imposta in R&S&I e il patent box) semplificando quelli a selezione e attivare grandi progetti Paese in partenariato pubblico/privato su tematiche prioritarie”.

“I percorsi di dottorato industriale, co-finanziati dalle imprese e dal CNR, ci dicono che il mondo imprenditoriale, della ricerca e dell’università sono sempre più attenti alle più alte competenze che l’Italia ha da offrire. Soprattutto – fa notare Giovanni Brugnoli, vice presidente Confindustria con delega al Capitale Umano – dimostrano che chi sceglie un PHD non ha come sola alternativa la carriera accademica ma può mettere a frutto tutti i suoi studi e il suo talento all’interno dell’impresa, anche in modo creativo. La Convenzione CNR-Confindustria ha contribuito ad avvicinare molte imprese italiane, anche PMI, per la prima volta alla ricerca e al mondo dell’Università. È fondamentale continuare nel solco di questa nuova strada, per cogliere tutte le opportunità che offre la connessione tra i vari attori della conoscenza. È un tema sempre più strategico e il mio auspicio è che su questo fronte si possa intervenire anche attraverso il Next Generation EU”.

“Con il decollo dell’innovativa formula dei dottorati industriali raggiungiamo due obiettivi, entrambi strategici, per il Paese. Primo – sottolinea Massimo Inguscio, fisico quantistico, dal 2016 presidente Cnr – avviciniamo, finalmente, università e mondo della ricerca pubblica alle aziende, contaminando così le due sfere, il sapere e il lavoro. Secondo: inseriamo in azienda giovani con competenze specialistiche di elevato livello, in grado di portare innovazione e competitività. La convenzione siglata nel 2018 con Confindustria ha fatto da apripista: oggi, anche grazie all’aiuto del ministero dell’Università e della Ricerca (Mur), e del ministro Gaetano Manfredi, i dottorati industriali hanno superato le 100 unità, sono sparsi in tutt’Italia, e interessano un po’ tutte le realtà industriali, Pmi comprese, che in questo modo possono crescere, creare occupazione di qualità, toccare con mano il valore aggiunto di una eccellente ricerca industriale”.

“La Fondazione Giuseppina MAI – spiega la presidente Diana Bracco in un videomessaggio – è molto impegnata, nell’ambito dell’attività di Confindustria a supporto della R&I, per rafforzare il dialogo tra industria, mondo della ricerca scientifica e istituzioni; abbiamo lavorato per attrarre e formare i giovani nel settore della ricerca e sviluppo e per inserirli nelle aziende con lo strumento dei dottorati. Bisogna assicurare anzitutto un piano di investimenti importante e una visione della ricerca che svincoli la carriera degli scienziati da una dimensione puramente accademica. Per questo auspichiamo da sempre un dialogo e una collaborazione più stretti tra i due mondi”.

La realizzazione di questi dottorati è il frutto di una convenzione Confindustria e CNR sottoscritta – a maggio 2018 e rinnovata a febbraio 2020 basata sulla necessità di fare un salto culturale a livello Paese e porre la R&I al centro della politica economica.

CONVENZIONE CNR – CONFINDUSTRIA
La Convenzione tra CNR e Confindustria, sottoscritta a maggio 2018 e rinnovata a febbraio di quest’anno, ha la finalità strategica di promuovere e attivare i dottorati di ricerca industriali, cofinanziati al 50% da imprese e CNR, sia per lo svolgimento di programmi di formazione dei dipendenti di azienda già impegnati in attività di elevata qualificazione, sia per costruire percorsi di studio specifici per l’orientamento e la crescita professionale dei giovani. Con la Convenzione operativa le Parti si sono impegnate a collaborare per sviluppare percorsi, di durata triennale, di Dottorati industriali di altissimo profilo scientifico e con particolari requisiti di qualità, di innovazione tecnologica, di internazionalizzazione, presso imprese singole o associate che svolgono attività industriali dirette alla produzione di beni o servizi, con la finalità di contribuire all’alta formazione dei giovani mediante la ricerca, favorire la creazione dei “nuovi e migliori posti di lavoro” auspicati dalla Strategia di Lisbona e aumentare il potenziale innovativo delle imprese direttamente coinvolte nel progetto.