L’impatto della pandemia da Covid-19 sull’occupazione è fortemente differenziato a livello settoriale, esponendo alcune attività produttive ad una crisi senza precedenti e altre a cercare di resistere aiutate anche dal blocco dei licenziamenti, che già a fine anno potrebbe portare a un saldo occupazionale ben diverso da quello di giugno.
Alla luce degli ultimidati Istat sulle Forze Lavoro relativi al secondo semestre 2020,la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha tracciatou n quadro dei settori più colpiti dalla crisi occupazionale e di quelli che,invece,hanno tenuto meglio. Dal focus intitolato“Gli effetti della crisi sull’occupazione: un primo bilancio settoriale”, emerge che tra giugno 2019 e giugno 2020 èl’industriail settore che ha retto meglio,con un calo di soli 10 mila occupati.
In affanno, invece,il commercioall’ingrosso e al dettaglio(-191mila unità) ed iservizi alle imprese(-103mila occupati), legati soprattutto alla chiusura di molte attività durante il lockdowne al ricorso allo smart working. Ma la crisi più grave la paga il settoreturistico con una perdita occupazionale di 246mila unità, di cui 158mila nei servizi di ristorazione e 88mila negli alloggi.
Tra giugno 2019 e giugno 2020il mercato del lavoro italiano ha registratoun crollo di 841mila occupati (-3,6%) che risulta, almeno per il momento, tuttoa carico dei servizi: con la perdita di 810mila occupati questa macro-area dell’economia nazionale ha contribuito alla quasi totalità delle fuoriuscite dal mercato del lavoro nell’ultimo anno (96,3% del totale).
Guardando alla classifica settoriale,c’è chi scende e c’è chi sale: tra i settori dell’economia dei servizi in maggiore crisi ci sono, dopo i servizi ricettivi (-28,3%), le attività di ricerca, selezione e fornitura di personale (-18,6%);le attività domestiche (-16,7%), amministrative e di supporto alle imprese (-15,7%);noleggio e leasing (-15,2%);produzione cinematografica (-14,9%);ristorazione (-13%).
Seguono le attività immobiliari, i servizi per edifici e paesaggio, pubblicità e ricerche di mercato, le telecomunicazioni, commercio al dettaglio e le attività legate all’industria dell’intrattenimento, con perdite occupazionali che oscillano tra il 5% e 10%.
Se la maggior parte delle realtà economiche si trovain condizioni di grande criticità oforte incertezza, ci sono settori che, in controtendenza con l’andamento generale, lo scorso mese digiugno hanno registratoun saldo occupazionale positivo rispetto allo stesso periodo del 2019. Un esempio è ilcomparto costruzioni, cresciuto di 20mila occupati (+1,5%), soprattutto per il completamento di alcune opere o la ristrutturazione di alcune attività alla ripresa; aseguire i servizi legati alla fornitura di energia elettrica,che hanno segnato un balzo in avanti del 12,2%;i servizi di informazione (9,8%)ela ricerca scientifica (8,2%).
Cresce anche la filiera legata alle tecnologie e al digitale, come riparazione di computer per casa e uso personale (+8,2%) e la fabbricazione di pc e prodotti dell’elettronica(8,2%), la programmazione e consulenza informativa (+3,9%):settori che hanno beneficiato dell’ampio ricorso alle tecnologie durante illockdown.Anche i servizi personali –parrucchieri, estetisti, lavanderie –hanno registrato un piccolo balzo in avanti(+2,2%), cosìcome la produzione di prodotti farmaceutici (+7,1%).
Ma si tratta di tendenze di crescita che si eranoconsolidategià nei trimestri precedenti. “Le classifiche, così come i dati, divengono utili se letti in chiave propositiva”,ha dichiarato la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone.“Se, cioè,ciaiutano a focalizzare doveindirizzare energie e investimenti. Per questo diviene importante saper sfruttare benele risorse messe a disposizione dal Recovery fund, mettendo a sistema le competenze di chi,per professione e formazione,conosce il mercato del lavoroe può contribuire al meglio alla realizzazione di progetti per il rilancio del Paese”,ha concluso.