Milioni di professionisti ordinistici restano esclusi, anche dopo la conversione in legge 17 luglio 2020 n. 77 del decreto “Rilancio”, dalla norma che disciplina il contributo a fondo perduto a favore degli autonomi e delle imprese,previsto per sostenere l’economia italiana nell’attuale fase di grave crisi cagionata dall’emergenza epidemiologica in corso.
Esclusione denunciata con forza da Ordini e Collegi professionali già durante l’iter di conversione in legge del decreto e che tuttora continua a creare disappunto tra i 2,3 milioni di professionisti italiani, duramente colpiti dalla crisi, che non riescono a comprendere i motivi di talescelta.
Nonostante l’attenzione e l’ascolto riservato ai professionisti dal Presidente del Consigliodei Ministri, Giuseppe Conte, agli Stati Generali dell’Economia e l’impegno a cercare una soluzione per cancellare l’iniziale esclusione contenuta nel decreto n. 34/2020, gli iscritti agli ordini continuano a non poter beneficiare dei contributi emergenziali.
Per questo motivo, dal Comitato Unitario delle Professioni (CUP), guidato dalla Presidente Marina Calderone, e dalla Rete delle Professioni Tecniche (RPT), coordinata da Armando Zambrano, parte un nuovo appello al Premier per sanare questa esclusione.
“Ancora una volta, le professioni intellettuali rimangono escluse non solo dalle tutele previste per il lavoro dipendente come ad esempio: cassa integrazione o divieto di licenziamentoe dalle provvidenze destinate alle imprese, ma anche da misure pensate espressamente per sostenere il comparto del lavoro autonomo italiano”.
Per CUP ed RPT si tratta di un grave errore di valutazione che certamente avrà nefaste ripercussioni su di una realtà di importanza strategica per il futuro del Paese, sia perché legata inevitabilmente all’economia della conoscenza, sia perché cruciale nel garantire corretti rapporti tra i cittadini e le Pubbliche amministrazioni italiane.
Sotto il profilo giuridico-si legge nella letterainviata al Capo del Governo-l’esclusione dei professionisti dalla platea dei destinatari dei contributi,di cui all’art. 25 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, realizza una ingiustificata disparità di trattamento, con manifesta violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, nonché una violazione del principio ormai affermatosi nel diritto europeo in forza del quale i professionisti sono da considerarsi realtà socio-economiche equivalenti alle piccole e medie imprese (PMI) ai fini dell’accesso a sussidi e provvidenze.
È facilmente prevedibile che il perpetuarsi di questa esclusione finirà per generare un contenzioso volto a far valere i vizi e le criticità della scelta normativa. “Dopo i vari confronti di questi mesi e i nostri appelli auspichiamo –concludono Calderone e Zambrano –che il Governo si faccia finalmente carico della questione, correggendo un indirizzo che oltre non condivisibile per le ragioni già evidenziate, si pone in contrasto con l’attenzione e la capacità di ascolto manifestata nei confronti delle professioni italiane, un comparto fondamentale che contribuisce alla produzione del 14% del Pil del Paese e necessita di canali dedicati per l’accesso aliquidità finanziaria”.