el 2018 il Pil in volume è aumentato dell’1,4% nel Nord-est, dello 0,7% nel Nord-ovest e nel Centro e dello 0,3% nel Mezzogiorno.
Il Pil procapite vede in cima alla graduatoria l’area del Nord-ovest con un valore in termini nominali di oltre 36mila euro, quasi il doppio di quello del Mezzogiorno, pari a circa 19mila euro annui.
Le famiglie residenti nel Nord-ovest dispongono del livello di reddito per abitante più elevato (oltre 22mila euro), quasi il 60% in più di quelle del Mezzogiorno (14mila euro).
In questa sede vengono presentati i risultati definitivi dei conti economici territoriali per il 2016, quelli semi-definitivi per il 2017 e quelli preliminari per il 2018. Le stime sono aggiornate con le serie degli aggregati diffuse in occasione della recente revisione generale dei Conti Nazionali, concordata in sede europea a cinque anni dal passaggio al nuovo Regolamento Sec2010 i). L’aggiornamento delle serie territoriali per gli anni precedenti il 2016 sarà diffusa prima dell’estate. Sono resi disponibili sulla banca dati Istat i dati relativi a Pil, valore aggiunto, redditi da lavoro dipendente, occupazione, investimenti, spesa per consumi finali e reddito disponibile delle famiglie.
Si sottolinea che i risultati relativi al 2018 scaturiscono da un approccio di stima econometrico basato su indicatori e potrebbero pertanto essere soggetti a revisioni anche ampie.
Pil più dinamico nel Nord-est, consumi meglio al Centro
Nel 2018 il Pil in volume a livello nazionale è aumentato dello 0,8% rispetto all’anno precedente. La ripartizione più dinamica è il Nord-est dove il Pil è cresciuto dell’1,4%, trainato dalla performance dell’Industria (+3,2% rispetto al 2017) e dai risultati positivi delle Costruzioni (+2,3%) e dell’Agricoltura (+3,1%).
Nel Nord-ovest e nel Centro il Pil è cresciuto dello 0,7%, meno della media nazionale. Nella prima ripartizione la crescita è stata rallentata dalla dinamica negativa delle Costruzioni e da più moderate dinamiche dell’Agricoltura e dell’Industria mentre al Centro è il settore dei Servizi a segnare il passo. La crescita più lenta si registra nel Mezzogiorno, dove il Pil è aumentato solo dello 0,3% rispetto al 2017.
Alla crescita dell’attività produttiva si è accompagnato, nel 2018, un aumento in volume dei consumi finali delle famiglie di poco superiore (+0,9%). La spesa delle famiglie ha mostrato la dinamica più elevata al Centro (+1,2%), tutte le altre ripartizioni si posizionano in prossimità della media nazionale.
Nel 2018 il reddito disponibile delle famiglie, cresciuto dell’1,9% a livello nazionale, mostra una dinamica di poco inferiore nel Centro e nel Mezzogiorno (+1,8%) e superiore nel Nord-ovest e nel Nord-est (rispettivamente, +2% e +2,1%).
Crescita del Pil nel 2018: Marche in testa, Calabria fanalino di coda
A livello regionale sono le Marche a registrare la crescita del Pil più elevata, con un 3% di aumento rispetto all’anno precedente. Un deciso recupero dell’attività produttiva si rileva anche per l’Abruzzo, dove il Pil è cresciuto del 2,2% a fronte dello 0,6% del 2017, e per la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (+2%).
Sopra la media nazionale si posizionano altre tre regioni del Mezzogiorno: Sardegna e Puglia (+1,4%) e Molise (+1,2%). In Lombardia la crescita economica rallenta sensibilmente: nel 2018 il Pil è aumentato dello 0,5%, contro il + 2,2% dell’anno precedente.
Lazio (-0,2%) e Sicilia (-0,3%) chiudono il 2018 con una diminuzione del Pil in volume, ma le flessioni più rilevanti si riscontrano in Campania (-0,6%) e Calabria (-0,8%).
Quanto alla spesa per consumi delle famiglie, la dinamica nel 2018 è positiva e pari allo 0,9% appena superiore a quella del Pil (+0,8%).
Gli incrementi più significativi dei consumi delle famiglie in volume si registrano in Liguria e Lazio (+1,7% in entrambe le regioni), seguite da Abruzzo (+1,5%), Umbria e Molise (+1,4%). Un rallentamento deciso della spesa delle famiglie si riscontra, invece, per la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen e per il Piemonte, dove i consumi sono aumentati solo di un modesto 0,3%.
Nella provincia autonoma di Bolzano-Bozen il Pil per abitante più elevato
Con 36,2mila euro nel 2018 (35,7mila nel 2017) il Nord-ovest resta l’area geografica con il Pil per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il Nord-est, con 35,1mila euro (34,3mila euro nel 2017) e il Centro, con 31,6mila euro (31,1mila euro nel 2017). Il Mezzogiorno, con 19mila euro (poco più della metà di quello del Nord-ovest), supera lievemente il livello del 2017 (18,7mila euro).
La graduatoria regionale vede in testa la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen, con un Pil per abitante di 47mila euro, seguita da Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (38,9mila euro) e Lombardia (38,8mila euro).
Con 33,6mila euro, Il Lazio risulta la prima regione del Centro in termini di Pil per abitante. Nel Mezzogiorno la prima regione è l’Abruzzo con 25,6mila euro, mentre l’ultimo posto della graduatoria è occupato dalla Calabria, con 17mila euro, lievemente sopra i 16,9mila euro del 2017.
Nel 2018 in Italia la spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata di 17,8mila euro. I valori più elevati di spesa pro capite si registrano nel Nord-ovest (20,6mila euro) e nel Nord-est (20,4mila euro); il Mezzogiorno si conferma, invece, l’area in cui il livello di spesa è più basso (13,7mila euro).
A un maggior dettaglio territoriale il più alto livello di consumi finali pro capite si registra In Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste e nella Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (rispettivamente 25,5mila e 24,3mila euro).
L’occupazione cresce in tutte le ripartizioni, andamento settoriale variabile
A livello nazionale l’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, è aumentato nel 2018 dello 0,9%. La crescita è stata omogenea in tutte le ripartizioni.
Nel Nord-est gli occupati risultano in crescita dell’1,1% rispetto al 2017, essenzialmente grazie al
+2,3% registrato nell’Industria, cui si contrappone una sensibile diminuzione, pari al 4,2%, degli occupati in agricoltura.
Nel Nord-ovest la crescita dell’input di lavoro è pari alla media nazionale, nonostante la decisa contrazione del numero di occupati nel settore delle costruzioni (-3,7%), bilanciata da aumenti dell’1,2% sia nell’Industria che nei Servizi.
Anche al Centro l’occupazione nel 2018 è cresciuta dello 0,9%, sintesi di aumenti generalizzati in tutti i settori produttivi.
Infine, nel Mezzogiorno il complesso degli occupati è aumentato dello 0,7%, poco meno della media nazionale, con i settori Agricoltura e Costruzioni a registrare la dinamica più positiva (+2,4%) mentre l’Industria si riduce marginalmente (-0,1%).
Nel Mezzogiorno l’incidenza più elevata di lavoro irregolare
Nel 2017, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata (somma della componente sommersa e di quella illegale) ii) rappresenta in Italia il 13,5% del valore aggiunto totale (l’incidenza sul Pil è pari al 12,1%): le componenti più rilevanti in termini di peso sono la rivalutazione della sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6,2%) e l’impiego di lavoro irregolare (5,1%). L’economia illegale e le altre componenti minori (mance, fitti in nero e integrazione domanda-offerta) incidono per il restante 2,2%.
L’incidenza dell’economia non osservata è molto alta nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 19,4% del complesso del valore aggiunto, seguita dal Centro (14,1%). Sensibilmente più contenute, e inferiori alla media nazionale, sono le quote raggiunte nel Nord-ovest e nel Nord-est, pari rispettivamente a 10,6% e 11,4%.
L’incidenza relativa delle tre componenti dell’economia non osservata viene confermata anche a livello ripartizionale; a pesare di più è la rivalutazione da sotto-dichiarazione che raggiunge un picco nel Mezzogiorno (pari all’8,6% del valore aggiunto) mentre nel Nord-ovest si registra il livello più contenuto (4,9%).
La quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è significativo nel Mezzogiorno, dove si attesta al 7,7%. In linea con la media nazionale (pari al 5,1%) risulta il Centro, mentre le altre due ripartizioni si collocano al di sotto di tale livello (3,9% il Nord-ovest e 4,1% il Nord-est).
La Calabria è la regione in cui il peso dell’economia sommersa e illegale è massimo, con il 21,8% del valore aggiunto complessivo; l’incidenza più bassa si registra invece nella Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (8,9%).
Puglia e Molise presentano la quota più alta di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato (rispettivamente 9,7% e 8,8%) mentre le quote più basse si registrano nella Provincia autonoma di Bolzano-Bozen (3%) e nella Provincia Autonoma di Trento (3,7%).
Il peso del sommerso dovuto all’impiego di input di lavoro irregolare è particolarmente elevato in Calabria (9,4% del valore aggiunto) e Campania (8,5%), le quote più contenute sono quelle osservate in Lombardia (3,7%) e Veneto (3,9%).
Milano, Bolzano e Bologna le province con valore aggiunto pro capite più alto
I dati provinciali qui pubblicati si riferiscono all’assetto territoriale come definito a seguito della legge regionale del 4/2/2016 n. 2, che ha imposto un riordino delle province della regione Sardegna (per i dettagli si rimanda alla Nota metodologica).
Nel 2017 Milano è la provincia con il più elevato valore aggiunto per abitante, pari a 48,7mila euro, quasi il doppio della media nazionale (25,7mila euro). Seguono la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen con 41mila euro e Bologna con 36,3mila.
Con 12,9mila euro Sud Sardegna ha il valore aggiunto per abitante più basso; in posizione solo leggermente migliore si trovano Agrigento e Caltanissetta, con circa 13,5mila euro.
Dal punto di vista dell’importanza dei segmenti produttivi, il contributo maggiore in termini assoluti è fornito quasi ovunque dai Servizi alle imprese, finanziari e immobiliari (che a livello nazionale pesano per il 28,3%), con circa 18mila euro per abitante a Milano e circa 11mila a Roma; il valore aggiunto per abitante del settore è invece il più basso a Vibo Valentia e nel Sud Sardegna (3,2mila euro).
Anche l’apporto dei Servizi del commercio, di ristorazione e dei trasporti e telecomunicazioni è il più elevato nella provincia di Milano (15,6mila euro per abitante); seguono Bolzano con 11,6mila euro e Roma e Genova con circa 10mila euro. Il valore più basso si registra a Enna con 2,7mila euro.
I Servizi pubblici e gli altri Servizi privati alle famiglie forniscono il maggiore contributo nelle province di Aosta (9,7mila euro), Bolzano (9mila), Roma (8,6mila), e Cagliari (8,3mila). Di nuovo nel Sud Sardegna si riscontra il valore più basso (3,4mila euro).
Il peso dell’Industria è particolarmente rilevante in molte province del Nord-est, in particolare in quelle di Modena (12,9mila), Vicenza (11,9mila euro) e Reggio nell’Emilia (11,2mila). Il valore aggiunto pro capite dell’Industria è, invece, pari a poco più di 700 euro a Caltanissetta e Reggio Calabria.
Il valore aggiunto pro capite del settore delle Costruzioni supera i 2mila euro solo a Bolzano.
Infine, l’Agricoltura fornisce il contributo più significativo nelle province di Bolzano e Pistoia (con circa 2mila euro di valore aggiunto per abitante) e, nel Mezzogiorno, in quelle di Crotone e Oristano (circa 1,6mila euro).
Milano, Bolzano e Bologna le province con valore aggiunto pro capite più alto
I dati provinciali qui pubblicati si riferiscono all’assetto territoriale come definito a seguito della legge regionale del 4/2/2016 n. 2, che ha imposto un riordino delle province della regione Sardegna (per i dettagli si rimanda alla Nota metodologica).
Nel 2017 Milano è la provincia con il più elevato valore aggiunto per abitante, pari a 48,7mila euro, quasi il doppio della media nazionale (25,7mila euro). Seguono la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen con 41mila euro e Bologna con 36,3mila.
Con 12,9mila euro Sud Sardegna ha il valore aggiunto per abitante più basso; in posizione solo leggermente migliore si trovano Agrigento e Caltanissetta, con circa 13,5mila euro.
Dal punto di vista dell’importanza dei segmenti produttivi, il contributo maggiore in termini assoluti è fornito quasi ovunque dai Servizi alle imprese, finanziari e immobiliari (che a livello nazionale pesano per il 28,3%), con circa 18mila euro per abitante a Milano e circa 11mila a Roma; il valore aggiunto per abitante del settore è invece il più basso a Vibo Valentia e nel Sud Sardegna (3,2mila euro).
Anche l’apporto dei Servizi del commercio, di ristorazione e dei trasporti e telecomunicazioni è il più elevato nella provincia di Milano (15,6mila euro per abitante); seguono Bolzano con 11,6mila euro e Roma e Genova con circa 10mila euro. Il valore più basso si registra a Enna con 2,7mila euro.
I Servizi pubblici e gli altri Servizi privati alle famiglie forniscono il maggiore contributo nelle province di Aosta (9,7mila euro), Bolzano (9mila), Roma (8,6mila), e Cagliari (8,3mila). Di nuovo nel Sud Sardegna si riscontra il valore più basso (3,4mila euro).
Il peso dell’Industria è particolarmente rilevante in molte province del Nord-est, in particolare in quelle di Modena (12,9mila), Vicenza (11,9mila euro) e Reggio nell’Emilia (11,2mila). Il valore aggiunto pro capite dell’Industria è, invece, pari a poco più di 700 euro a Caltanissetta e Reggio Calabria.
Il valore aggiunto pro capite del settore delle Costruzioni supera i 2mila euro solo a Bolzano.
Infine, l’Agricoltura fornisce il contributo più significativo nelle province di Bolzano e Pistoia (con circa 2mila euro di valore aggiunto per abitante) e, nel Mezzogiorno, in quelle di Crotone e Oristano (circa 1,6mila euro).
A Bolzano-Bozen il reddito pro-capite più alto, in Calabria il più basso
Nel 2018 le famiglie residenti nel Nord-ovest dispongono del livello di reddito per abitante più elevato (22,3mila euro), seguite da quelle residenti nel Nord-est (21,9mila euro) iii). Nel Centro il livello è pari a 19,9mila euro, nel Mezzogiorno a 14mila euro, con un differenziale negativo del 26% rispetto alla media nazionale.
In testa alla graduatoria del reddito disponibile per abitante si conferma la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen, con 26mila euro correnti (25,3mila euro nel 2017), seguita da Emilia-Romagna e Lombardia (22,9mila euro). La Calabria chiude la graduatoria con 12,7mila euro, preceduta da Campania e Sicilia (rispettivamente 13,5mila euro e 13,6mila euro).
Nel 2018, il reddito disponibile a prezzi correnti ha segnato per il complesso dell’economia nazionale un incremento dell’1,9% rispetto al 2017. Più intensa della media nazionale è risultata la crescita nel Nord-est (+2,1%), dove la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen registra la variazione più elevata di tutto il territorio nazionale (+3,7%), seguita a stretto giro dalla Provincia Autonoma di Trento (+3,2%).
Nel Nord-ovest l’incremento è stato del 2%, con il risultato più favorevole nella Valle d’Aosta (+2,9%), seguita dalla Liguria (+2,7%); solo in Piemonte il reddito disponibile ha segnato una crescita inferiore alla media nazionale (+1,4%). Nel Centro le famiglie residenti hanno sperimentato un aumento del loro reddito disponibile pari all’1,8%; la crescita più marcata si registra in Toscana (+2,3%) e nelle Marche (+2,2%) mentre è sensibilmente più bassa nel Lazio (+1,4%) e, soprattutto, in Umbria (+1%) che, tra tutte le regioni italiane, è risultata quella con il più basso tasso di crescita.
Anche nel Mezzogiorno il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dell’1,8%, con un massimo del +2,9% in Molise e del +2,4% in Abruzzo e un minimo del +1,3% in Calabria e del +1,1% in Campania.
Nel 2017, la regione che aveva registrato la crescita annua più sostenuta era la Provincia Autonoma di Bolzano-Bozen (+3,2%), seguita dall’Emilia Romagna (+3%). L’incremento più contenuto era stato registrato in Basilicata (+0,4%), preceduto da quello osservato in Calabria (+0,7%).